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Il Leone

  • Immagine del redattore: Andrea Cataldi
    Andrea Cataldi
  • 6 giorni fa
  • Tempo di lettura: 3 min

Don Antonio Maione parte da un’immagine molto potente: il leone come simbolo dell’uomo libero. Non un leone che domina con la forza, ma un leone che non dipende da nessuno: né dalla politica, né dalla religione, né dalle imposizioni esterne. L'uomo autentico, per Maione, costruisce dentro di sé una fortezza interiore, è capace di reggere la propria identità senza lasciarsi condizionare.

Ma oggi, dice l'autore, viviamo in una società che non lascia spazio all'identità personale. L’uomo è sempre più vissuto dagli altri: dai ritmi sociali, dalle mode, dai modelli imposti. Non abbiamo più tempo per riflettere su chi siamo veramente e su quali tesori abbiamo dentro di noi. Se ci fermassimo un momento, ci accorgeremmo di quanto siamo ricchi di talenti, di intuizioni, di bellezza interiore — ma questo non succede perché siamo sempre trascinati fuori da noi stessi.

Anche il tempo libero, che dovrebbe essere tempo di libertà, è diventato un’altra forma di costrizione: vacanze programmate, feste obbligate, divertimenti organizzati. Non viviamo il tempo come spazio di creatività, ma come dovere sociale.

Don Antonio denuncia anche un altro fatto importante: l'uomo moderno ha perso l'arte di autogovernarsi. Fin da piccoli, attraverso la scuola e il lavoro, veniamo educati alla dipendenza: dobbiamo essere pronti a entrare in un sistema che ci usa, non a costruire un nostro cammino originale. Se il potere non approva, l'innovazione non è possibile. Questo genera una società di persone senza autonomia, senza libertà creativa.

Un altro passaggio centrale riguarda la politica. Per Don Antonio, la vera politica è "la forma più evoluta dell’amore": dovrebbe servire a gestire le risorse comuni per il bene di tutti. Ma se i cittadini non si formano come persone libere e autonome, diventano solo sudditi e dipendenti, incapaci di collaborare al bene comune. Invece, per lui, la libertà personale è la prima condizione di una politica vera e giusta.

Don Antonio insiste molto su come vediamo gli altri. Spesso percepiamo gli altri come un limite alla nostra libertà. Ma in realtà — afferma — l’altro è un dono, un attivatore della nostra ricchezza. Senza gli altri, dice, l’uomo si spegnerebbe. È attraverso la relazione profonda con l’altro che possiamo crescere, scoprire parti di noi che da soli non conosceremmo mai. Ogni persona, anche quella più semplice, racchiude un pozzo di ricchezza interiore che possiamo esplorare solo nell'incontro autentico.

Poi Maione sposta il discorso sulla religione, lamentando come anche essa sia diventata un prodotto di consumo. Si fanno tre anni di catechismo non per crescere spiritualmente, ma per ottenere una "buona" prima comunione. Ma la comunione vera non è rispondere bene alle domande del catechismo: è incontrare l’altro (e Dio) in un legame di dono e scambio.

Anche Dio — sorprendentemente — ha bisogno di noi: Dio entra nella nostra vita attraverso la nostra unicità. E nel rapporto con Lui, ci arricchiamo a vicenda.

Alla radice di tutto, dice Don Antonio, c’è un desiderio profondissimo che spesso nascondiamo: il desiderio di essere felici. Non si tratta solo di sopravvivere, di pagare i debiti, di essere "sereni". Il desiderio vero dell’uomo è essere pienamente felice: realizzare se stesso, incontrare il proprio mondo interiore, e decidere con libertà come donarlo al mondo.

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