Costruttori di pace, missionari di pace
- Silvana Maglione

- 11 nov
- Tempo di lettura: 4 min

"Quello che mi affligge di più è il terrore di dover ripetere, in un mondo di sordi, le stesse argomentazioni contro la guerra, di dover risentire le filastrocche sul pacifismo a senso unico, di dover rispondere che il pacifismo si desta solo quando c’è puzza di America. E poi il dover constatare che gli interessi economici prevalgano sui più elementari diritti umani” (don Tonino Bello).
Il mese di ottobre, quasi alle porte, è stato denso di avvenimenti. Non si vedevano da anni piazze così gremite alle manifestazioni (Roma, 4 ottobre, con oltre un milione di partecipanti, a sostegno della Palestina, 12 ottobre Marcia per la Pace Perugia Assisi, oltre 200 mila presenze, la più partecipata di tutte, live motive, Fraternità) a causa del perdurare del disumano sterminio di un popolo, quello palestinese.
Non “un lungo weekend”, ma ampia e variegata partecipazione degli “incorreggibili zoccolanti” alle manifestazioni che, pur avendo fatto sorridere qualcuno e pur se definiti “utili idioti di turno e usati come spalla per i disegni politici dell’opposizione”, hanno deciso di testimoniare il loro impegno per la costruzione della pace e essere missionari di pace, missionari di speranza.
“La pace senza un’educazione basata sul rispetto e sulla conoscenza dell’altro non ha valore né futuro. Se non vogliamo costruire una civiltà dell’anti fratello, dove “l’altro diverso” è banalmente percepito come un nemico, se al contrario vogliamo costruire questo mondo tanto desiderato dove si assume il dialogo come via, … allora la strada da seguire è quella dell’educazione al dialogo ad all’incontro” (papa Francesco al IV Congresso Internazionale sull’Islam, Abu Dhabi, 4 febbraio 2024)
Attraverso gesti di vita quotidiana, di dialogo, di riconciliazione, i partecipanti hanno portato un messaggio di impegno duraturo, anche in ambito sociale, con la promozione della cultura della pace, creando ponti.
Donne, bambini, uomini, persone di una certa età, soprattutto giovani, scuole, gruppi, associazioni, laiche e religiose, hanno dichiarato che la pace non si conquista una volta per tutte, ma va difesa. È un obiettivo da raggiungere.
Abbiamo assistito ad un risveglio delle coscienze, ormai sopite, ad un sussulto di umanità.
L’impulso al risveglio delle coscienze certamente è stato dato dalla missione umanitaria della Global Sumud Flotilla, che ha coinvolto attivisti di oltre 44 paesi con l’intento di rompere il blocco forzato degli aiuti umanitari a Gaza, imposto da Israele contro i Palestinesi, ridotti, dopo oltre due anni di sofferenze e vessazioni, allo stremo.
A gran voce le piazze, non solo italiane, anche quelle locali, hanno invocato la pace per tutte le popolazioni martoriate da prepotenti e cinici affaristi, che, pur di accrescere i loro poteri, non hanno esitato a lucrare utilizzando "la fame come arma, crimine di guerra, da condannare senza eccezioni" (Papa Leone IV). Si è deciso di non restare in silenzio davanti al massacro di Gaza. Il disarmo comincia dalle coscienze, perché “la pace vive delle adesioni, sia pure singole ed anonime, che le persone le danno” (Paolo VI). Anche Campobasso, attraverso un movimento nato dal basso dalla società civile, ha fatto sentire la sua voce con una consistente partecipazione sia alla manifestazione di Roma che alla Marcia per la pace Perugia Assisi, oltre 100 gli aderenti.
Allora la pace cos’è? Certamente non è solamente assenza di guerra tra popoli, né una pausa tra una guerra e l’altra. La si può declinare in tanti modi: con la libertà, la giustizia, la povertà, la solidarietà, l’equità sociale, l’economia, la cura del creato, il dialogo, il riconoscimento delle differenze, che sono un valore.
Secondo papa Francesco “i processi effettivi di una pace duratura sono innanzitutto trasformazioni artigianali operate dai popoli, in cui ogni persona può essere un fermento efficace con il suo stile di vita quotidiana” (Fratelli Tutti) e farsi missionario di pace.
I luoghi della pace
La famiglia, prima agenzia di cura ed educativa, è il luogo per eccellenza dove si insegna e s’impara la pace, quale sentimento identitario di società solidale ed equa.
I luoghi di lavoro, la politica, le chiese, le Istituzioni sono sedi privilegiate di partecipazione e responsabilizzazione dove poter creare le condizioni per una convivenza pacifica, perché la pace è conquista, impegno, cammino, un processo.
Utopia? forse, ma la speranza fonda le sue basi sulla capacità di creare una società più vivibile e fraterna.
“La violazione dei diritti umani, il problema della fame che investe popoli interi, la corsa alle armi ed il commercio clandestino di esse, la logica di guerra sottesa a molte cosiddette -scelte di civiltà-, gli scudi stellari, certe visioni economiche… sono forme di peccato: Non possono perciò considerarsi temi estranei alla predicazione del Vangelo” (don Tonino Bello).
La promozione della cultura del dialogo, del riconoscimento e del rispetto reciproco è strettamente connessa alla pace disarmata e disarmante ed ai missionari di pace che la diffondono in tutti gli ambiti, con cammini di speranza, con particolare incidenza nel mese missionario, con una visione profetica in tempi di conflitti, perché, come diceva papa Francesco, siamo una sola famiglia umana.
Sfide
La cultura della pace va rafforzata, in un tempo in cui l’indifferenza e l’egoismo sono dilaganti, anche nelle nostre comunità e nelle nostre pastorali. Se così fosse essere artigiani, costruttori di pace assumerebbe una dimensione missionaria che creerebbe ponti di solidarietà e non solo muri, in grado di fermare i “venti di guerra”.
Occorre rafforzare una cultura della pace che appare ancora debole, attraverso l’educazione alla convivenza civile e democratica, formando cittadini responsabili e consapevoli, in grado di avere un pensiero critico.
Il 12 ottobre alla Marcia Perugia Assisi per la pace e la fraternità hanno camminato insieme, lungo 24 kilometri, diverse generazioni accomunate dal desiderio di contribuire alla costruzione di un mondo migliore, fondato sul valore della pace come valore universale, da opporre alla cultura della guerra.
Un serpentone colorato di bandiere della pace, della Palestina e di Israele, e non solo, annodate in segno di unicità, ha evidenziato che la pace si costruisce insieme in maniera sinodale.




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